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Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

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venerdì 23 settembre 2011

INTERVISTA AL PAPA IN VOLO PER GERMANIA

CITTA' DEL VATICANO, 22 SET. 2011 (VIS). Come di consueto nel corso dei Viaggi Apostolici internazionali, il Santo Padre ha concesso una breve intervista ai giornalisti presenti nell’aereo papale diretto in Germania.

Prima domanda: “Quanto Papa Benedetto XVI si sente ancora tedesco? E quali sono gli aspetti dai quali egli si accorge quanto ancora – o quanto sempre meno – la sua origine tedesca influisca?”

Santo Padre: “Sono nato in Germania e la radice non può essere, né deve essere tagliata. Ho ricevuto la mia formazione culturale in Germania, la mia lingua è il tedesco e la lingua è il modo in cui lo spirito vive ed opera. (...) Nella struttura culturale della mia vita, questo essere tedesco è molto forte. L’appartenenza alla sua storia, con la sua grandezza e le sue debolezze, non può e non deve essere cancellata. Per un cristiano, però, si aggiunge ancora qualcos’altro. Con il Battesimo egli nasce di nuovo, nasce in un nuovo popolo che è da tutti i popoli (...) Quando poi si assume una responsabilità grande - come me, che ho assunto la responsabilità suprema - in questo nuovo popolo, è evidente che ci si immedesima in modo sempre più profondo in esso. La radice diventa un albero che si estende in vario modo, e il fatto di essere a casa in questa grande comunità di un popolo da tutti i popoli, della Chiesa cattolica, diventa sempre più vivo e profondo, forgia tutta l’esistenza senza cancellare ciò che precede”.

Seconda Domanda: Santo Padre, negli ultimi anni vi è stato in Germania un aumento delle uscite dalla Chiesa, in parte anche a causa degli abusi commessi su minori da membri del clero. Quale è il suo sentimento su questo fenomeno? E che cosa direbbe a quelli che vogliono lasciare la Chiesa?

Santo Padre: “Distinguiamo forse anzitutto la motivazione specifica di quelli che si sentono scandalizzati da questi crimini che sono stati rivelati in questi ultimi tempi. Io posso capire che, alla luce di tali informazioni, soprattutto se si tratta di persone vicine, uno dice: ‘Questa non è più la mia Chiesa. La Chiesa era per me forza di umanizzazione e di moralizzazione. Se rappresentanti della Chiesa fanno il contrario, non posso più vivere con questa Chiesa’. Questa è una situazione specifica. Generalmente le motivazioni sono molteplici, nel contesto della secolarizzazione della nostra società. E queste uscite, di solito, sono l’ultimo passo di una lunga catena di allontanamento dalla Chiesa. In questo contesto, mi sembra importante domandarsi, riflettere: ‘Perché sono nella Chiesa?’ (...) Direi, sarebbe importante sapere che essere nella Chiesa non è essere in qualche associazione, ma essere nella rete del Signore, nella quale Egli tira fuori pesci buoni e cattivi dalle acque della morte alla terra della vita. Può darsi che in questa rete sono proprio accanto a pesci cattivi e sento questo, ma rimane vero che io non ci sono per questi o per questi altri, ma perché è la rete del Signore; è una cosa diversa da tutte le associazioni umane, una realtà che tocca il fondamento del mio essere. Parlando con queste persone, io penso che dobbiamo andare fino in fondo a questa questione: che cosa è la Chiesa? (...) Perché sono nella Chiesa, anche se ci sono scandali e povertà umane terribili? E così rinnovare la consapevolezza della specificità di questo essere Chiesa, del popolo da tutti i popoli, che è Popolo di Dio, e così imparare, sopportare anche scandali, e lavorare contro questi scandali proprio essendo all’interno, in questa grande rete del Signore”.

Unità fondamentale con gli evangelici

Alla domanda relativa ai gruppi di persone che, in diversi paesi, si sono manifestati contrari alle visite del Papa in un Paese, la risposta di Benedetto XVI è stata: “Anzitutto, direi che è una cosa normale che in una società libera e in un tempo secolarizzato ci siano opposizioni contro una visita del Papa. È anche giusto rispetto a tutti coloro che esprimano questa loro contrarietà: fa parte della nostra libertà e dobbiamo prendere atto che il secolarismo e anche l’opposizione proprio al cattolicesimo nelle nostre società è forte. E quando si manifestano queste opposizioni in modo civile, non c’è nulla da dire contro. Dall’altra parte è anche vero che c’è tanta aspettativa e tanto amore per il Papa. (...) C’è anche un grande consenso alla fede cattolica, una crescente convinzione che abbiamo bisogno (...) di una forza morale nel nostro tempo, di una presenza di Dio in questo nostro tempo. Così so che insieme all’opposizione - che trovo naturale e da aspettarsi - c’è tanta gente che mi aspetta con gioia, che aspetta una festa della fede (...). Per questo vado con gioia nella mia Germania e sono felice di portare il messaggio di Cristo nella mia terra”.

L’ultima domanda al Santo Padre ha riguardato l’incontro con i Rappresentanti della Chiesa Evangelica nel quinto centenario della Riforma.

Santo Padre: “Quando ho accettato l’invito a questo viaggio era per me evidente che l’ecumenismo con i nostri amici evangelici dovesse essere un punto forte, un punto centrale di questo viaggio. Noi viviamo in un tempo di secolarismo, come già detto, dove i cristiani insieme hanno la missione di rendere presente il messaggio di Dio (...). E perciò il mettersi insieme, tra cattolici ed evangelici, è un elemento fondamentale per il nostro tempo, anche se istituzionalmente non siamo perfettamente uniti, anche se rimangono problemi, anche grandi problemi, nel fondamento della fede in Cristo, in Dio trinitario e nell’uomo come immagine di Dio, siamo uniti, e questo mostrare al mondo e approfondire questa unità è essenziale in questo momento storico. Perciò sono molto grato ai nostri amici, fratelli e sorelle protestanti, che hanno reso possibile un segno molto significativo: l’incontro nel monastero dove Lutero ha iniziato il suo cammino teologico, la preghiera nella chiesa dove è stato ordinato sacerdote e il parlare insieme sulla nostra responsabilità di cristiani in questo tempo. Sono molto felice di poter mostrare così questa unità fondamentale, che siamo fratelli e sorelle e lavoriamo insieme per il bene dell’umanità, annunciando il lieto messaggio di Cristo, del Dio che ha un volto umano e che parla con noi”.
PV-GERMANIA/ VIS 20110923 (1030)

RESPONSABILITÀ DAVANTI A DIO E RICONOSCIMENTO DIGNITÀ UMANA, FONDAMENTI COMUNI DEL DIRITTO

CITTA' DEL VATICANO, 23 SET. 2011 (VIS). Alle 16:16 di ieri, 22 settembre, il Santo Padre, lasciata la Nunziatura Apostolica, si è recato in autovettura al Reichstag, dove era ad accoglierlo il Presidente del Parlamento Federale e dove ha avuto un breve incontro con le cinque più alte Autorità Federali: il Presidente Federale, la Cancelliera Federale, il Presidente del Bundestag, il Presidente del Bundesrat, il Presidente del Tribunale Costituzionale Federale. Il Papa ha salutato anche i presidenti dei Gruppi parlamentari ed infine è stato accompagnato nell’Aula del Parlamento Federale dove ha ascoltato il discorso del Presidente del Bundestag, Signor Norbert Lammert.

“La politica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizioni di fondo per la pace” – ha detto il Papa nel suo discorso al Parlamento tedesco – “Naturalmente un politico cercherà il successo che di per sé gli apre la possibilità dell’azione politica effettiva. Ma il successo è subordinato al criterio della giustizia, alla volontà di attuare il diritto e all’intelligenza del diritto. Il successo può essere anche una seduzione e così può aprire la strada alla contraffazione del diritto, alla distruzione della giustizia”.

Il Papa ha ricordato in merito che i tedeschi hanno sperimentato la separazione del potere dal diritto. “Lo Stato era diventato lo strumento per la distruzione del diritto, era diventato una banda di briganti molto ben organizzata, che poteva minacciare il mondo intero e spingerlo sull’orlo del precipizio”.

“Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia è e rimane il compito fondamentale del politico”, particolarmente nel momento attuale. Il problema è, allora, come riconoscere ciò che è giusto. Per Benedetto XVI “nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta (...). In base a questa convinzione” – ha detto il Papa – “i combattenti della resistenza hanno agito contro il regime nazista e contro altri regimi totalitari, rendendo così un servizio al diritto e all’intera umanità. Per queste persone era evidente in modo incontestabile che il diritto vigente, in realtà, era ingiustizia”.

Recuperare il patrimonio culturale dell’Europa

“Ciò che in riferimento alle fondamentali questioni antropologiche sia la cosa giusta e possa diventare diritto vigente, oggi non è affatto evidente di per sé. (...) Nella storia – ha ricordato il Papa - gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati in modo religioso (...). Il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto (...). Per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso, richiesto dalla fede nelle divinità, e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo come fonte giuridica valida per tutti la ragione e la natura nella loro correlazione”.

La questione circa i fondamenti della legislazione sembrava essere stata chiarita all’epoca della Dichiarazione dei Diritti umani, dopo la seconda guerra mondiale. “Nell’ultimo mezzo secolo – ha affermato il Pontefice – è avvenuto un drammatico cambiamento della situazione. L’idea del diritto naturale è considerata oggi una dottrina cattolica piuttosto singolare”, a causa del predominio della concezione positivista di natura e ragione.

“Una concezione positivista di natura, che comprende la natura in modo puramente funzionale (...) non può creare alcun ponte verso l’ethos e il diritto (...). La stessa cosa, però, vale anche per la ragione in una visione positivista” nella quale “ciò che non è verificabile o falsificabile non rientra nell’ambito della ragione (...). Per questo l’ethos e la religione devono essere assegnati all’ambito del soggettivo (...). Questa è una situazione drammatica che interessa tutti e su cui è necessaria una discussione pubblica; invitare urgentemente ad essa è un’intenzione essenziale di questo discorso”.

“La visione positivista del mondo è nel suo insieme una parte grandiosa della conoscenza umana e della capacità umana, alla quale non dobbiamo assolutamente rinunciare. (...) Dove la ragione positivista si ritiene come la sola cultura sufficiente, relegando tutte le altre realtà culturali allo stato di sottoculture, essa riduce l’uomo, anzi, minaccia la sua umanità. Lo dico proprio in vista dell’Europa, in cui vasti ambienti cercano di riconoscere solo il positivismo come cultura comune e come fondamento comune per la formazione del diritto, mentre tutte le altre convinzioni e gli altri valori della nostra cultura vengono ridotti allo stato di una sottocultura. Con ciò si pone l’Europa, di fronte alle altre culture del mondo, in una condizione di mancanza di cultura e vengono suscitate, al contempo, correnti estremiste e radicali”.

Da qui l’urgenza che ragione e natura ritrovino la propria grandezza e la natura appaia nuovamente nella sua vera profondità, nelle sua esigenze e con le sue indicazioni. “Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura” – ha ribadito il Papa – “e rispondervi coerentemente” tenendo conto che “anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. (...) L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli ascolta la natura, la rispetta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana”.

Il patrimonio culturale dell’Europa può essere di fondamentale aiuto giacché “Sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore sono state sviluppate l’idea dei diritti umani, l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire”.

“Queste conoscenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale. (...) La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. (...). Nella consapevolezza della responsabilità dell’uomo davanti a Dio e nel riconoscimento della dignità inviolabile dell’uomo, di ogni uomo, questo incontro ha fissato dei criteri del diritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico”.

Al termine del discorso Benedetto XVI si è ritirato per alcuni minuti privatamente in attesa del successivo incontro con i Rappresentanti della Comunità Ebraica.
PV-GERMANIA/ VIS 20110923 (1050)

BENEDETTO XVI RIEVOCA SHOAH E RIBADISCE VICINANZA DI TUTTA LA CHIESA AL POPOLO EBRAICO

CITTA' DEL VATICANO, 23 SET. 2011 (VIS). Alle 17:15 di ieri, giovedì 22 settembre, Benedetto XVI ha avuto un incontro con i 15 Rappresentanti della Comunità Ebraica della Germania, presieduta da Dieter Graumann nel Reichstag di Berlino. Nel suo discorso il Papa ha ricordato la sua visita del 19 agosto 2005 alla Sinagoga di Köln, durante la quale il Rabbino Teitelbaum parlò della memoria come di una “delle colonne, di cui si ha bisogno per fondare su di esse un futuro pacifico”

“E oggi” – ha detto il Papa – “mi trovo in un luogo centrale della memoria, di una memoria spaventosa: da qui fu progettata ed organizzata la ‘Shoah’, l’eliminazione dei concittadini ebrei in Europa. Prima del terrore nazista in Germania viveva circa mezzo milione di ebrei, che costituivano una componente stabile della società tedesca. Dopo la seconda guerra mondiale, la Germania fu considerata come il ‘Paese della Shoah’ in cui, in fondo, non si poteva più vivere. All’inizio quasi non c’era più alcun sforzo per rifondare le antiche comunità ebraiche (...). Molti di loro volevano emigrare e costruirsi una nuova esistenza, soprattutto negli Stati Uniti o in Israele”.

“In questo luogo bisogna anche richiamare alla memoria il pogrom della ‘notte dei cristalli’ dal 9 al 10 novembre 1938. Pochi percepirono tutta la portata di tale atto di umano disprezzo come lo percepì il prevosto del Duomo di Berlino, Bernhard Lichtenberg, che, dal pulpito della cattedrale di Sant’Edvige, gridò: ‘Fuori il Tempio è in fiamme – è anch’esso una casa di Dio’. Il regime di terrore del nazionalsocialismo si fondava su un mito razzista, di cui faceva parte il rifiuto del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, del Dio di Gesù Cristo e delle persone credenti in Lui. L’’onnipotente’ Adolf Hitler era un idolo pagano, che voleva porsi come sostituto del Dio biblico, Creatore e Padre di tutti gli uomini. Con il rifiuto del rispetto per questo Dio unico si perde sempre anche il rispetto per la dignità dell’uomo. Di che cosa sia capace l’uomo che rifiuta Dio e quale volto possa assumere un popolo nel ‘no’ a tale Dio, l’hanno rivelato le orribili immagini provenienti dai campi di concentramento alla fine della guerra”.

Il Santo Padre ha constatato con gratitudine che di fronte a questa memoria da qualche decennio si è manifestata una rifioritura della vita ebraica in Germania ed ha sottolineato che la comunità ebraica è stata molto attiva nell’opera di integrazione degli immigrati dell’Europa dell’Est.

“La Chiesa sente una grande vicinanza al Popolo ebraico” – ha affermato il Santo Padre citando la Dichiarazione ‘Nostra aetate’ del Concilio Vaticano II con la quale “si è cominciato a ‘percorrere un cammino irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia’. (...) Ciò vale ovviamente anche per la Chiesa cattolica in Germania che è ben consapevole della sua responsabilità particolare in questa materia”. Successivamente il Papa ha enumerato le diverse iniziative di collaborazione cristiano-ebraica, come la “Settimana della fraternità” e il forum “Ebrei e Cristiani” e lo storico incontro per il dialogo ebraico-cristiano del 2006 presieduto dal Cardinale Walter Kasper.

“Noi cristiani dobbiamo anche renderci sempre più conto della nostra affinità interiore con l’Ebraismo” – ha affermato il Pontefice – “Per i cristiani non può esservi una frattura nell’evento salvifico. La salvezza viene, appunto, dai Giudei (cfr Gv 4,22). Laddove il conflitto di Gesù con il Giudaismo del suo tempo è visto in modo superficiale, come un distacco dall’Antica Alleanza, si finisce per ridurlo a un’idea di liberazione che considera la Torà soltanto come l’osservanza servile di riti e prescrizioni esteriori. Di fatto, però, il Discorso della montagna non abolisce la Legge mosaica, ma svela le sue possibilità nascoste e fa emergere nuove esigenze; ci rimanda al fondamento più profondo dell’agire umano, al cuore, dove l’uomo sceglie tra il puro e l’impuro, dove si sviluppano fede, speranza e amore”.

“Il messaggio di speranza, che i libri della Bibbia ebraica e dell’Antico Testamento cristiano trasmettono, è stato assimilato e sviluppato da giudei e da cristiani in modo diverso. ‘Dopo secoli di contrapposizione, riconosciamo come nostro compito il far sì che questi due modi della nuova lettura degli scritti biblici – quella cristiana e quella giudaica – entrino in dialogo tra loro, per comprendere rettamente la volontà e la parola di Dio’. In una società sempre più secolarizzata, questo dialogo deve rinforzare la comune speranza in Dio. Senza tale speranza la società perde la sua umanità”, ha concluso il Pontefice.

Al termine dell’incontro con i Rappresentanti della Comunità ebraica, il Papa si è diretto in autovettura all’Olympiastadion di Berlin per la celebrazione della Santa Messa.
BXVI-GERMANIA/ VIS 20110923 (770)

DOVE C’È DIO, LÀ C’È FUTURO

CITTA' DEL VATICANO, 23 SET. 2011 (VIS). Alle 18:00 di ieri pomeriggio, Papa Benedetto XVI è giunto in autovettura all’Olympiastadion di Berlino per celebrare la Santa Messa con un gran numero di fedeli tedeschi e pellegrini provenienti dai paesi vicini. In questo stesso luogo, il Beato Giovanni Paolo II, nel 1996, celebrò la Messa di Beatificazione di Karl Leisner e Bernhard Lichtenberg.

Nell’omelia Benedetto XVI ha commentato la parabola della vite e dei tralci del brano del Vangelo di oggi ed ha spiegato che quando Gesù afferma: “‘Io sono la vera vite’; (...) significa: ‘Io sono voi e voi siete me’ – un’inaudita identificazione del Signore con noi, la sua Chiesa. (...) Egli continua a vivere nella sua Chiesa in questo mondo. Egli è con noi, e noi siamo con Lui”.
“Nella parabola, Gesù continua: ‘Io sono la vite vera, e il Padre mio è l’agricoltore’ (Gv 15,1), e spiega che il vignaiolo prende il coltello, taglia i tralci secchi e pota quelli che portano frutto perché portino più frutto. (...) Vuole donarci una vita nuova e piena di forza. Cristo è venuto a chiamare i peccatori. Sono loro che hanno bisogno del medico, non i sani. E così, come dice il Concilio Vaticano II, la Chiesa è il ‘sacramento universale di salvezza’ che esiste per i peccatori, per aprire loro la via della conversione, della guarigione e della vita. Questa è la vera e grande missione della Chiesa, conferitale da Cristo”.

Ragioni di malcontento e insoddisfazione nei confronti della Chiesa

“Alcuni guardano la Chiesa fermandosi al suo aspetto esteriore. Allora la Chiesa appare solo come una delle tante organizzazioni in una società democratica, secondo le cui norme e leggi, poi, deve essere giudicata e trattata anche una figura così difficile da comprendere come la ‘Chiesa’. Se poi si aggiunge ancora l'esperienza dolorosa che nella Chiesa ci sono pesci buoni e cattivi, grano e zizzania, e se lo sguardo resta fisso sulle cose negative, allora non si schiude più il mistero grande e profondo della Chiesa”.

“Quindi, non sorge più alcuna gioia per il fatto di appartenere a questa vite che è la ‘Chiesa’. Insoddisfazione e malcontento vanno diffondendosi, se non si vedono realizzate le proprie idee superficiali ed erronee di ‘Chiesa’ e i propri ‘sogni di Chiesa’”.

Il Papa ha spiegato quindi che Gesù ci invita a rimanere in Lui. “’Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me, … perché senza di me – si potrebbe anche tradurre: fuori di me – non potete far nulla’. (...) ‘Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano’”.

“La scelta qui richiesta ci fa capire, in modo insistente, – ha proseguito il Pontefice – il significato esistenziale della nostra decisione di vita. Allo stesso tempo, l'immagine della vite è un segno di speranza e di fiducia. Incarnandosi, Cristo stesso è venuto in questo mondo per essere il nostro fondamento. In ogni necessità (...) Dio sa trasformare in amore anche le cose pesanti e opprimenti nella nostra vita. Importante è che ‘rimaniamo’ nella vite, in Cristo”.

“Nel nostro tempo di inquietudine e di qualunquismo, in cui così tanta gente perde l’orientamento e il sostegno; in cui la fedeltà dell’amore nel matrimonio e nell’amicizia è diventata così fragile e di breve durata (...) il Signore risorto ci offre un rifugio, un luogo di luce, di speranza e fiducia, di pace e sicurezza. Dove la siccità e la morte minacciano i tralci, là in Cristo c’è futuro, vita e gioia”.

“Rimanere in Cristo significa” – ha ribadito il Santo Padre – “rimanere anche nella Chiesa. L’intera comunità dei credenti è saldamente compaginata in Cristo, la vite. (...) In questa comunità Egli ci sostiene e, allo stesso tempo, tutti i membri si sostengono a vicenda. (...) Noi non crediamo da soli, ma crediamo con tutta la Chiesa”.

“La Chiesa quale annunciatrice della Parola di Dio e dispensatrice dei sacramenti ci unisce con Cristo, la vera vite. (...) La Chiesa è il dono più bello di Dio. (...) Con la Chiesa e nella Chiesa possiamo annunciare a tutti gli uomini che Cristo è la fonte della vita, che Egli è presente, che Egli è la grande realtà a cui aneliamo. (...) che crede in Cristo, ha un futuro. Perché Dio (...) vuole le cose feconde e vive, la vita in abbondanza”.

“Auguro a tutti voi di scoprire sempre più profondamente la gioia di essere uniti con Cristo nella Chiesa – ha concluso il Pontefice - di poter trovare nelle vostre necessità conforto e redenzione e di diventare sempre più il vino delizioso della gioia e dell’amore di Cristo per questo mondo”.

Conclusa la celebrazione eucaristica, Benedetto XVI ha fatto ritorno in autovettura alla Nunziatura Apostolica dove è giunto alle 21:00.
PV-GERMANIA/ VIS 20110923 (820)

TESTIMONIANZA CONGIUNTA CRISTIANI E MUSULMANI IN SETTORI CHIAVE VITA SOCIALE

CITTA' DEL VATICANO, 23 SET. 2011 (VIS). Alle 9:00 di questa mattina, presso la sede della Nunziatura Apostolica di Berlino, il Santo Padre ha incontrato i Rappresentanti della Comunità musulmana della Germania che conta circa 4 milioni e mezzo di persone, di cui 70% di origine turca, e gli altri provenienti dai Paesi arabi, dai Balcani e dall’Iran. Il 75% dei musulmani in Germania è di confessione sunnita e la moschea più antica sul suolo tedesco si trova a Berlino.

Nel suo discorso il Papa ha ricordato che a partire dagli anni ’70 “la presenza di numerose famiglie musulmane è divenuta sempre di più un tratto distintivo di questo Paese. Sarà tuttavia necessario impegnarsi costantemente per una migliore reciproca conoscenza e comprensione. Ciò è essenziale non solo per una convivenza pacifica, ma anche per l’apporto che ciascuno è in grado di dare per la costruzione del bene comune all’interno della medesima società”.

“Molti musulmani attribuiscono grande importanza alla dimensione religiosa” – ha proseguito il Pontefice – “Ciò, a volte, è interpretato come una provocazione in una società che tende ad emarginare questo aspetto o ad ammetterlo tutt’al più nella sfera delle scelte individuali dei singoli. La Chiesa cattolica si impegna fermamente perché venga dato il giusto riconoscimento alla dimensione pubblica dell’appartenenza religiosa. Si tratta di un’esigenza che non diventa irrilevante nel contesto di una società maggiormente pluralista. Va fatta, però, attenzione che il rispetto verso l’altro sia sempre mantenuto. Il rispetto reciproco cresce solo sulla base dell’intesa su alcuni valori inalienabili, propri della natura umana, soprattutto l’inviolabile dignità di ogni persona”.

“In Germania – come in molti altri Paesi non solo occidentali – tale quadro di riferimento comune è rappresentato dalla Costituzione, il cui contenuto giuridico è vincolante per ogni cittadino, che sia appartenente o meno ad una confessione religiosa. Naturalmente il dibattito sulla migliore formulazione di principi come la libertà di culto pubblico, è vasto e sempre aperto, tuttavia è significativo il fatto che la Legge Fondamentale li esprima in un modo ancora oggi valido, a distanza di più di 60 anni”.

“La ragione di ciò, mi pare, si trova nel fatto che i padri della Legge Fondamentale ebbero la piena consapevolezza, in quel momento importante, di dover cercare un solido terreno, nel quale tutti i cittadini potessero riconoscersi. Nel fare ciò essi non prescindevano dalla propria appartenenza religiosa (...). Tuttavia sapevano di doversi confrontare con uomini con una base confessionale diversa o addirittura non religiosa: il terreno comune fu trovato nel riconoscimento di alcuni diritti inalienabili, che sono propri della natura umana e che precedono ogni formulazione positiva. In questo modo una società sostanzialmente omogenea pose il fondamento che oggi riconosciamo valido per un mondo segnato dal pluralismo. Fondamento che, in realtà, indica anche degli evidenti confini a tale pluralismo: non è pensabile, infatti, che una società possa sostenersi nel lungo termine senza un consenso sui valori etici fondamentali”.

“Cari amici – ha detto infine Benedetto XVI – sulla base di quanto ho qui accennato, penso che sia possibile una collaborazione feconda tra cristiani e musulmani (...). In quanto uomini religiosi, a partire dalle rispettive convinzioni possiamo dare una testimonianza importante in molti settori cruciali della vita sociale. Penso, ad esempio, alla tutela della famiglia fondata sul matrimonio, al rispetto della vita in ogni fase del suo naturale decorso o alla promozione di una più ampia giustizia sociale”.

Al termine dell’incontro il Papa si è recato all’aeroporto di Berlin-Tegel dove alle 10:00 è salito a bordo dell’aereo diretto a Erfurt.
PV-GERMANIA/ VIS 20110923 (590)

FEDE RIPENSATA E RIVISSUTA IN MODO NUOVO SALVERÀ CRISTIANESIMO

CITTA' DEL VATICANO, 23 SET. 2011 (VIS). Dopo la visita alla Cattedrale di Santa Maria di Erfurt, il Santo Padre ha raggiunto in auto l’ex-Convento degli Agostiniani per l’incontro con i Rappresentanti del Consiglio della Chiesa Evangelica di Germania, che raggruppa 22 chiese luterane e conta oltre 24 milioni di fedeli, il 30% della popolazione tedesca.

Al suo arrivo Benedetto XVI è stato accolto dal Presidente della Chiesa Evangelica in Germania, il Pastore Nikolaus Schneider e dalla Presidentessa della Chiesa Evangelica di Thüringen, Signora Ilse Junkermann, che lo hanno accompagnato alla Sala Capitolare, l’unica sala rimasta intatta dai tempi di Lutero.

“Per me, come Vescovo di Roma, è un momento emozionante incontrare qui, nell’antico convento agostiniano di Erfurt, rappresentanti del Consiglio della Chiesa Evangelica in Germania. Qui Lutero ha studiato teologia. Qui è stato ordinato sacerdote nel 1507” – ha detto Papa Benedetto XVI – “La questione su Dio, (...) fu la passione profonda e la molla della sua vita e dell’intero suo cammino. ‘Come posso avere un Dio misericordioso?: questa domanda gli penetrava nel cuore e stava dietro ogni sua ricerca teologica e ogni lotta interiore”.

“Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi colpisce sempre nuovamente. Chi, infatti, si preoccupa oggi di questo, anche tra i cristiani? (...) La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù. (...) Quasi tutti presupponiamo in pratica che Dio debba essere generoso e, alla fine, nella sua misericordia, ignorerà le nostre piccole mancanze. Ma sono veramente così piccole le nostre mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli (...); a causa del potere della droga (...). Non è forse minacciato dalla crescente disposizione alla violenza che, non di rado, si maschera con l’apparenza della religiosità?”.

“La fame e la povertà potrebbero devastare a tal punto intere parti del mondo se in noi l’amore di Dio e, a partire da Lui, l’amore per il prossimo, per le creature di Dio, gli uomini, fosse più vivo? (...) No, il male non è un’inezia. Esso non potrebbe essere così potente se noi mettessimo Dio veramente al centro della nostra vita”. La domanda di Lutero: Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io davanti a Dio? deve diventare di nuovo, e certamente in forma nuova, anche la nostra domanda. (...) Questo Dio ha un volto e ci ha parlato. Nell’uomo Gesù Cristo è diventato uno di noi”.

Fede: è la forza ecumenica più forte che ci ricongiunge

La fede in Cristo è il punto di partenza per rilanciare l’ecumenismo. “La cosa più necessaria per l’ecumenismo è innanzitutto che, sotto la pressione della secolarizzazione, non perdiamo quasi inavvertitamente le grandi cose che abbiamo in comune, che di per sé ci rendono cristiani e che ci sono restate come dono e compito. È stato l’errore dell’età confessionale aver visto per lo più soltanto ciò che separa, e non aver percepito in modo esistenziale ciò che abbiamo in comune nelle grandi direttive della Sacra Scrittura e nelle professioni di fede del cristianesimo antico. È questo il grande progresso ecumenico degli ultimi decenni: che ci siamo resi conto di questa comunione e (...) riconosciamo tale comunione come il nostro fondamento imperituro”.

Tuttavia, due fenomeni pongono in pericolo tale comunione: “una forma nuova di cristianesimo, che si diffonde con un immenso dinamismo missionario, a volte preoccupante nelle sue forme (...). È un cristianesimo di scarsa densità istituzionale, con poco bagaglio razionale e ancora meno bagaglio dogmatico e anche con poca stabilità. Questo fenomeno mondiale (...) ci mette nuovamente di fronte alla domanda su che cosa sia ciò che resta sempre valido e che cosa possa o debba essere cambiato, di fronte alla questione circa la nostra scelta fondamentale nella fede”.

Il secondo fenomeno è il “contesto del mondo secolarizzato, nel quale dobbiamo vivere e testimoniare oggi la nostra fede. L’assenza di Dio nella nostra società si fa più pesante, la storia della sua rivelazione (...) sembra collocata in un passato che si allontana sempre di più. (...) La fede deve essere ripensata e soprattutto rivissuta oggi in modo nuovo per diventare una cosa che appartiene al presente. Ma non è l’annacquamento della fede che aiuta, bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi. Questo è un compito ecumenico centrale. In questo dovremmo aiutarci a vicenda: a credere in modo più profondo e più vivo. Non saranno le tattiche a salvarci, a salvare il cristianesimo, ma una fede ripensata e rivissuta in modo nuovo, mediante la quale Cristo, e con Lui il Dio vivente, entri in questo nostro mondo. (...) La fede, vissuta a partire dell’intimo di se stessi, in un mondo secolarizzato, è la forza ecumenica più forte che ci ricongiunge, guidandoci verso l’unità nell’unico Signore”.

Al termine del suo discorso Benedetto XV I si è recato alla Chiesa dell’ex-Convento degli Agostiniani ed ha partecipato ad una celebrazione ecumenica con 300 persone, fra le quali Rappresentanti di altre Chiesa protestanti della Germania.
PV-GERMANIA/ VIS 20110923 (860)

COMUNE MISSIONE ECUMENICA: TESTIMONIARE DIO VIVO

CITTA' DEL VATICANO, 23 SET. 2011 (VIS). Alle 12:00 di questa mattina Benedetto XVI ha partecipato ad un atto ecumenico nella Chiesa dell’ex-Convento degli Agostiniani di Erfurt, con la partecipazione di circa 300 persone. Nel corso della cerimonia il Vescovo evangelico Friedrich Weber ha dato lettura del Salmo 146 nella traduzione tedesca di Martin Lutero, a cui ha fatto seguito il saluto del Presidente del Sinodo della Chiesa Evangelica Tedesca, Signora Katrin Göring Eckhardt. Il Papa ha recitato la Preghiera per l’Unità dei Cristiani ed il Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, ha letto la preghiera sacerdotale di Gesù, dal Vangelo di Giovanni: “Che tutti siano una cosa sola”. Quindi il Papa ha tenuto l’omelia di cui riportiamo ampi estratti.

“’Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola’: così ha detto Gesù, secondo il Vangelo di Giovanni, nel Cenacolo, al Padre. (...) Nella preghiera di Gesù si trova il luogo interiore, più profondo, della nostra unità. Diventeremo una sola cosa, se ci lasceremo attirare dentro tale preghiera”.

“È rimasta inascoltata la preghiera di Gesù? La storia del cristianesimo è, per così dire, il lato visibile di questo dramma, in cui Cristo lotta e soffre con noi esseri umani. Sempre di nuovo Egli deve sopportare il contrasto con l’unità, e tuttavia sempre di nuovo si compie anche l’unità con Lui e così con il Dio trinitario. (...) Per questo, in un incontro ecumenico, non dovremmo soltanto lamentare le divisioni e le separazioni, bensì ringraziare Dio per tutti gli elementi di unità che ha conservato per noi e sempre di nuovo ci dona. E questa gratitudine deve al contempo essere disponibilità a non perdere, in mezzo ad un tempo di tentazione e di pericoli, l’unità così donata”.

“L’unità fondamentale consiste nel fatto che crediamo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra. Che lo professiamo quale Dio trinitario – Padre, Figlio e Spirito Santo. L’unità suprema non è solitudine di una monade, ma unità attraverso l’amore. Crediamo in Dio – nel Dio concreto. Crediamo nel fatto che Dio ci ha parlato e si è fatto uno di noi. Testimoniare questo Dio vivente è il nostro comune compito nel momento attuale”.

“La sete di infinito è presente nell’uomo in modo inestirpabile. L’uomo è stato creato per la relazione con Dio e ha bisogno di Lui. Il nostro primo servizio ecumenico in questo tempo deve essere di testimoniare insieme la presenza del Dio vivente e con ciò dare al mondo la risposta di cui ha bisogno. Naturalmente di questa testimonianza fondamentale per Dio fa poi parte, in modo assolutamente centrale, la testimonianza per Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio, che è vissuto insieme con noi, ha patito per noi, è morto per noi e, nella risurrezione, ha spalancato la porta della morte. Cari amici, fortifichiamoci in questa fede! Aiutiamoci a vicenda a viverla! Questo è un grande compito ecumenico che ci introduce nel cuore della preghiera di Gesù”.

“La serietà della fede in Dio si manifesta nel vivere la sua parola. Si manifesta, nel nostro tempo, in modo molto concreto, nell’impegno per quella creatura che Egli volle a sua immagine, per l’uomo. Viviamo in un tempo in cui i criteri dell’essere uomini sono diventati incerti. L’etica viene sostituita con il calcolo delle conseguenze. Di fronte a ciò noi come cristiani dobbiamo difendere la dignità inviolabile dell’uomo, dal concepimento fino alla morte – nelle questioni della diagnosi pre-impiantatoria fino all’eutanasia. (...) La fede in Dio deve concretizzarsi nel nostro comune impegno per l’uomo. Fanno parte di tale impegno per l’uomo non soltanto questi criteri fondamentali di umanità, ma soprattutto e molto concretamente l’amore che Gesù ci insegna nella descrizione del Giudizio finale: il Dio giudice ci giudicherà secondo come ci siamo comportati nei confronti di coloro che ci sono prossimi, nei confronti dei più piccoli dei suoi fratelli. La disponibilità ad aiutare, nelle necessità di questo tempo, al di là del proprio ambiente di vita è un compito essenziale del cristiano”.

“Ciò vale anzitutto nell’ambito della vita personale di ciascuno. Vale poi nella comunità di un popolo e di uno Stato, in cui tutti devono farsi carico gli uni degli altri. Vale per il nostro Continente, in cui siamo chiamati alla solidarietà in Europa. E, infine, vale al di là di tutte le frontiere: la carità cristiana esige oggi il nostro impegno anche per la giustizia nel vasto mondo”.

“Alla vigilia della visita del Papa si è parlato diverse volte di un dono ecumenico dell’ospite, che ci si aspettava da questa visita. Non c’è bisogno che io specifichi i doni menzionati in tale contesto. Al riguardo vorrei dire che questo costituisce un fraintendimento politico della fede e dell’ecumenismo. Quando un Capo di Stato visita un Paese amico, generalmente precedono contatti tra le istanze, che preparano la stipulazione di uno o anche di più accordi tra i due Stati: nella ponderazione dei vantaggi e degli svantaggi si arriva al compromesso che, alla fine, appare vantaggioso per ambedue le parti, così che poi il trattato può essere firmato. Ma la fede dei cristiani non si basa su una ponderazione dei nostri vantaggi e svantaggi. Una fede autocostruita è priva di valore. La fede non è una cosa che noi escogitiamo o concordiamo. È il fondamento su cui viviamo. L’unità cresce non mediante la ponderazione di vantaggi e svantaggi, bensì solo attraverso un sempre più profondo penetrare nella fede mediante il pensiero e la vita”.

“In questa maniera, negli ultimi 50 anni, e in particolare anche dalla visita di Papa Giovanni Paolo II, 30 anni fa, è cresciuta molta comunanza, della quale possiamo essere solo grati. (...) A tutti coloro che hanno collaborato (...) vorrei esprimere il mio vivo ringraziamento. (...) Insieme possiamo tutti solo ringraziare il Signore per le vie dell’unità sulle quali ci ha condotti, ed associarci in umile fiducia alla sua preghiera: ‘Fa’ che diventiamo una sola cosa, come Tu sei una sola cosa col Padre, perché il mondo creda che Egli Ti ha mandato’”.

Al termine della recita comune del Padre Nostro, il Pastore Nikolaus Schneider, Presidente del Consiglio Sinodo della Chiesa Evangelica Tedesca, ha invocato la benedizione aronitica ed il Papa ha elargito la benedizione nella forma trinitaria.
PV-GERMANIA/ VIS 20110923 (1050)
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